Il linguaggio della menzogna by Marco Pacori

Il linguaggio della menzogna by Marco Pacori

autore:Marco Pacori [Pacori, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788873396826
editore: SPERLING & KUPFER
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Un’indagine illuminante

Come abbiamo commentato nel capitolo precedente, Porter e ten Brinke hanno evidenziato un limite negli studi sul riconoscimento della menzogna: il fatto che i soggetti esaminati non hanno in genere grandi ragioni per «scomporsi» mentre mentono, tanto si tratta solo di simulazioni.

I ricercatori hanno così pensato di analizzare il comportamento di persone che potenzialmente avevano molto da perdere a essere scoperte: per questo motivo hanno studiato 78 appelli televisivi di familiari o parenti che si rivolgevano a «presunti rapitori» affinché liberassero i loro cari; la scelta è caduta su queste situazioni perché – lo abbiamo già anticipato – nella realtà è stato dimostrato che almeno nel 50% dei casi chi faceva l’appello era il colpevole della sparizione, o almeno ne era coinvolto.

I filmati sono stati esaminati alla ricerca di indizi verbali e non verbali di menzogna, analizzando le espressioni facciali e il discorso.

Per essere certi che le loro conclusioni fossero corrette, gli autori hanno confrontato ciò che avevano riscontrato con prove oggettive (raccolte dalla polizia e utilizzate nelle aule di tribunale, come l’analisi del DNA, oppure tabulati telefonici e testimonianze) che avevano portato alla condanna dei familiari o alla loro esclusione dalla rosa degli indiziati.

Il risultato ha dato così prova che c’è modo di distinguere i colpevoli dagli innocenti soprattutto dall’esame delle espressioni del volto.

Gli assassini che mentivano più facilmente esprimevano segni di disgusto, specie sollevando il labbro superiore: quando questo atteggiamento non era legato a un contenuto specifico, ipotizzano gli autori della ricerca, probabilmente rifletteva la ripugnanza per l’omicidio commesso, il senso di colpa e la vergogna per le loro azioni o un sentimento di repulsione per la vittima; per contro era difficile trovare segni di tristezza genuina. Il contrario avveniva invece con chi era innocente: questi ultimi esprimevano segni di tristezza e ansia. Sorprendentemente, sono state notate parecchie espressioni di sorpresa in chi mentiva; secondo gli autori, ciò accadeva non perché questi ultimi provassero davvero quella emozione, ma perché cercavano di simulare in modo maldestro preoccupazione e afflizione. L’atteggiamento angolato delle sopracciglia nella tristezza e la forma a triangolo scaleno è praticamente impossibile da ricreare; in modo analogo, l’apprensione, in cui le sopracciglia vengono sollevate (come appunto nella sorpresa) ma unite al centro, formando un solco verticale sulla fronte, è quasi altrettanto difficile da riprodurre in modo volontario. Proprio nel tentativo di fingere queste espressioni i mentitori rivelavano la loro effettiva mancanza di genuino coinvolgimento emotivo.

Un altro segno distintivo dei bugiardi era la presenza, in genere molto rapida, di un sorriso: probabilmente, commentano i due ricercatori, si trattava di un «sorriso nervoso» oppure di una sorta di piacere sadico. In ogni caso, proprio questo tratto si era dimostrato uno degli indizi più attendibili di menzogna.

A livello linguistico, chi diceva il falso usava molte più espressioni verbali di incertezza («forse», «più o meno» eccetera). È stato poi rilevato che questi appelli venivano fatti molto prima dai colpevoli che dagli innocenti.

IL CASO

L’omicidio di Sarah Scazzi

Mettiamo ora alla prova queste osservazioni in un caso reale: il caso di Sarah Scazzi, noto anche come «il delitto di Avetrana».



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